OPENING Re. Crea. Residenza Creativa
Cos’è Re. Crea. Re. Crea. è l’acronimo che riassume il progetto ideato e realizzato dalla Fondazione Pietà de’ Turchini: una…
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ARMONIOSA
Francesco Cerrato, Violino
Stefano Cerrato, Violoncello a 5 corde
Marco Demaria, Violoncello di continuo
Michele Barchi, Clavicembalo
Daniele Ferretti, Organo
Programma
Johann Sebastian Bach (1685 – 1750)
TrioSonata in SOL maggiore BWV 1038 per violino, violoncello e continuo
dalla TrioSonata per violino, flauto e continuo.
Largo
Vivace
Adagio
Presto
Suite n. 6 in RE maggiore per violoncello e continuo BWV 1012
Elaborazione del Basso Continuo di Michele Barchi.
Prélude
Allemande
Courante
Sarabande
Gavotte I e II
Gigue
Concerto “nach Italienischen Gusto” BWV 971
Trascrizione per l’Ensemble Armoniosa di Michele Barchi.
Senza indicazione di tempo
Andante
Presto
Concerto in LA minore per violino, violoncello e continuo
Trascrizione dalle opere BWV 807, 936, 808.
Allegro
Cantabile
Allegro
Armoniosa nasce nel 2012 dall’esperienza artistica iniziata in seno alle attività culturali
dell’Istituto Diocesano Liturgico-Musicale della Diocesi di Asti, per iniziativa
dell’équipe artistica formata da Francesco e Stefano Cerrato, Marco Demaria e
Daniele Ferretti. Armoniosa ha potuto coinvolgere in maniera regolare e continuativa
nelle proprie attività il grande cembalista ed esperto del basso continuo Michele
Barchi, che oggi fa parte stabilmente della équipe artistica del gruppo. L’ensemble si
pone l’obiettivo forte di essere realtà di eccellenza in ambito internazionale, e adotta
un metodo di studio e di lavoro rigoroso dal punto di vista stilistico e interpretativo.
Armoniosa ha avuto incontri eccellenti con artisti di fama mondiale, quali Reinhard
Goebel e Trevor Pinnock, che sono un prezioso “bagaglio” per la crescita artistica
dell’Ensemble.
Armoniosa è regolarmente invitata dai più importanti Festival in Europa, e ha suonato
concerti per la Mainzer Musik Sommer di Mainz (Germania, 2016), la Baltic
Philharmonia Season di Gdansk (Polonia, 2016), l’Alte Musik live Festival di Berlino
(Germania, 2017), le Thüringer Bachwochen di Eisenach (Germania, 2017), il
Vendsyssel Festival di Hjørring (Danimarca, 2018), le Innsbrucker Festwochen der Alte
Musik di Innsbruck (Austria, 2018), il Casa dei Mezzo Festival a Makrigyalos (Grecia,
2018).
Armoniosa ha un’intensa attività discografica, iniziata nel 2015, quando è stata invitata
a far parte del prestigioso catalogo della casa discografica tedesca MDG, con cui ha
pubblicato “La Stravaganza” op. 4 di Antonio Vivaldi e le “Triosonate per violino,
violoncello e basso continuo” di Giovanni Benedetto Platti (2016).
Una nuova esperienza discografica è maturata nel 2017, con l’etichetta londinese
Rubicon Classics, che ha prodotto le “Sonate per violoncello e continuo” op. 3 del
violoncellista astigiano Carlo Graziani. La più importante stampa internazionale ha
premiato queste incisioni con ottime recensioni.
Nel Giugno 2019 è iniziata una nuova esperienza artistica e discografica di Armoniosa.
Si tratta di un poderoso progetto di ricerca e studio sull’Estro Armonico op. 3 di
Antonio Vivaldi, uscita per RedDress, la nuova etichetta italiana di proprietà degli
stessi musicisti, distribuita da Sony Music in tutto il mondo. Questa produzione ha
ottenuto entusiasti commenti da parte della critica internazionale, con recensioni da
parte della principale stampa europea. Nel 2020 Armoniosa realizza invece una
versione unica di alcuni capolavori di Johann Sebastian Bach, in uscita con
RedDress.
Note al programma:
Johann Sebastian Bach (1685 – 1750)
Suite per orchestra n. 2 in SI minore BWV 1067
La seconda suite (Ouverture) per flauto, archi e b.c risulta essere la più singolare della
raccolta delle 4, in quanto è l’unica che ha uno strumento solista alla stregua di un vero e
proprio concerto per flauto. La trascrizione realizzata, con l’organo al posto del flauto, senza
modificare alcuna delle parti reali esistenti in partitura, rende il brano in una veste timbrica che
potrebbe ricordare le Sinfonie di alcune Cantate. La parte dell’organo concertante,
soprattutto nella Ouverture, include nei soli spesso anche una parte in origine affidata al
violino, rendendo più completa la scrittura solistica destinata ora alla tastiera. Nelle danze
invece, dove il flauto era quasi sempre raddoppiato dal violino, si è deciso nelle ripetizioni dei
ritornelli, di lasciare solo l’organo senza raddoppio, per creare anche un contrasto dinamico
oltre che timbrico. Nel complesso, l’intera composizione appare perfettamente adeguata
anche ad un organico diverso dall’originale, considerato che comunque la timbrica
dell’organo, in diversi casi si adatta molto bene nella imitazione del flauto.
Concerto “nach Italienischen Gusto” BWV 971
Il Concerto “nach Italienischen Gusto” rappresenta l’esempio più complesso ed elaborato del
lavoro che Bach aveva già avviato nelle numerose trascrizioni per tastiera di concerti per
violino o più archi concertanti di autori soprattutto italiani (Vivaldi, Marcello, Torelli ecc.). Nel
caso del Concerto Italiano, nato per tastiera solista, e non frutto di trascrizione, tutti gli
elementi compositivi sono perfettamente adeguati al linguaggio e alla tecnica del
clavicembalo, che con una magistrale qualità compositiva e gusto straordinari Bach fa rivivere
l’orchestra direttamente dalle sonorità del clavicembalo. Ripartire da un brano così, già
completo per tastiera e renderlo adatto ad un organico cameristico di soli 5 elementi ha
imposto delle scelte nella trascrizione che valorizzassero la timbrica e le possibilità degli
strumenti. Sicuramente Bach lo ha pensato come concerto solistico per violino e orchestra,
quindi con un solo protagonista, mentre nel nostro caso, si è deciso di inserire anche il
violoncello in parti concertate col violino anche dividendo alcune parti di “solo” per i due
strumenti soprattutto nell’ultimo movimento. Alcune parti contrappuntistiche sono state
aggiunte nei “tutti” per rendere un senso timbrico e dinamico più orchestrale e in qualche
caso si è resa necessaria l’aggiunta anche di un basso continuo in alcuni episodi solistici.
Concerto in LA minore per violino, violoncello e continuo
Trascrizione dalle opere BWV 807, 936, 808.
Il Concerto consiste nella scelta di tre diversi brani per cembalo solo ad opera di Michele
Barchi, il quale ha provveduto alla loro trascrizione e all’adattamento per l’organico di
Armoniosa. Le tre opere sono le seguenti: il primo movimento della Suite Inglese n. 2 in La
minore BWV 807, il Preludio in Re maggiore BWV 936 trasposto in Do maggiore e il primo
movimento della Suite Inglese n. 3 in Sol minore BWV 808 trasposto in La minore. Il primo e il
terzo movimento hanno la tipica struttura del concerto all’italiana, che vedeva l’alternarsi di
parti in cui suonava tutta l’orchestra a momenti dedicati al solista con l’accompagnamento
del basso continuo, come era in uso all’epoca di Vivaldi. Il secondo movimento è invece
bipartito, scritto quindi nella forma della trio sonata; in origine si trattava di un preludio vivace
e andante che è stato trasformato da Barchi in un cantabile più lento e lirico, nonché
ornamentato secondo il gusto bachiano.
Questa volta l’operazione di trasposizione è inversa a quella svolta sull’Estro Armonico: dalla
tastiera si passa agli archi, restituendo l’idea originale dell’autore che era quella di imitare con
il clavicembalo le sonorità del concerto per archi.
Note di sala a cura di Paola De Simone
Particolare destino artistico, quello di Johann Sebastian Bach, per noi tutti indiscutibilmente al vertice del tardo Barocco tedesco e, in assoluto, fra i massimi compositori di ogni tempo per l’estrema severità della poetica sonora a fronte di un sempre vivace ésprit de géometrie, per l’altissimo rigore della scrittura contrappuntistica accanto a uno spiccato interesse per la ricerca, monitorata in concreto declinando in tutte le soluzioni possibili e in sillogi per Klavier (organo, clavicembalo o clavicordo), il suo studio sulla forma, sulla tecnica, su modi e tonalità. Eppure, come ben ci ricorda il massimo studioso italiano Alberto Basso, “non figura negli atti del tempo al posto giusto, anzi, non vi compare”. Di conseguenza, “la biografia è lacunosa, scarse le fonti dell’epoca, incerte per non dire evanescenti le notizie sulle condizioni economiche del musicista, opachi i dati sulla psicologia del personaggio, vani i tentativi di definire una volta per sempre la cronologia delle opere, impossibile il calcolo delle composizioni perdute”. A ciò si aggiungono i giudizi critici coevi che lo considerarono, in sintesi, un “musicista fuori del tempo”. Praticamente, roba da museo. E difatti solo ai primi del secolo successivo, in special modo con la riscoperta e prima esecuzione nel 1829 della sua Matthäus-Passion ad opera del ventenne Mendelssohn, sarebbe iniziata la cosiddetta “Bach Renaissance”. Il che spiega anche il particolare sistema di catalogazione siglato BWV (Bach-Werke-Verzeichnis, letteralmente, Catalogo delle opere di Bach) creato da Wolfgang Schmieder non per cronologia, bensì tipologia d’organico secondo quanto segue: composizioni vocali (BWV 1-524), per organo (BWV 525-771), per clavicembalo (BWV 772-994), per strumenti solisti (BWV 995-1013), musica da camera per duetti e trii (BWV 1014-1040), Suites per orchestra e concerti (BWV 1041-1071), lavori contrappuntistici (BWV 1072-1080), aggiunte recenti (BWV 1081-1128), Appendice (BWV Anh. 1-212). Su tale prospetto di base risulta chiaro che il programma di stasera, tracciato seguendo un virtuosissimo giro perlustrativo “Around Bach”, passa in rassegna e metamorfosi analitica, attraverso le caleidoscopiche e geniali riformulazioni strumentali dell’Ensemble Armoniosa, una quota portante divisa fra alcuni segmenti estratti dai tre filoni centrali, per lo più risalenti al periodo (1717-1723) trascorso da Bach in qualità di Maestro di Cappella del principe Leopold di Anhalt-Köthen, la cui fede calvinista avrebbe dispensato il musicista dal produrre opere religiose per creare, fra le tante pagine profane miliari, quella summa sperimentale magnificamente senza precedenti né eredi dei Six Concerts avec plusieurs Instrument
(dal biografo Spitta ribattezzati a partire dall’Ottocento come Sei Concerti Brandeburghesi), a metà strada fra Concerto grosso e solistico con dedica al margravio di Brandeburgo Christian Ludwig.
Guidati dal numero catalografico di riferimento è possibile dunque addentrarsi e orientarsi con facilità estrema fra gli organici e le forme del mondo bachiano: in apertura il percorso propone un esempio da camera appartenente al quarto gruppo ma reinventandone la dimensione e le funzioni della timbrica, in soluzione non dissimile da quanto proposto lo scorso anno nella stessa sede della Chiesa di Santa Caterina da Siena con il folgorante capitolo dedicato a Vivaldi sotto il titolo di “Five with Estro”. Ed è così che la Trio Sonata in Sol maggiore BWV 1038 per violino, violoncello e continuo, tra l’altro secondo una prassi frequente del Sei e Settecento, vede nell’ensemble la sostituzione di uno strumento, ma non dove ce lo aspetteremmo secondo il registro di riferimento e la funzione melodica (il violino in luogo del flauto o viceversa così come, a seguire, si utilizzerà il clarinetto ad esempio nei Trii di Mozart), bensì avanzando in prima linea il ruolo di sostegno portante solitamente assegnato al violoncello fino a rivoluzionare entro i limiti dello stile e della scrittura bachiana l’assetto originario nettamente divaricato per flauto, violino e continuo. All’interno del gruppo delle composizioni da camera per flauto o violino particolarmente delicata, in realtà, è la storia di tale Trio Sonata in sol maggiore: il manoscritto autografo, appartenuto a Ferdinand David e passato in altre mani fino alla sede di attuale appartenenza (dal 1901, il Germanisches Nationalmuseum di Norimberga), consta di tre carte autografe corrispondenti alle tre parti strumentali indicate come Traversa, Violino discordato e Continuo, probabilmente attribuibili al figlio Carl Philip Emanuel Bach e derivate dall’originale Sonata per violino del padre, la BWV 1021, di cui preserva alcune peculiarità del basso numerato e l’impiego di una terza parte di violino concertante dall’accordatura anomala. L’opera si articola secondo uno schema canonico per il genere, ossia quattro movimenti aperti da un Largo bipartito, un primo Allegro, un Adagio fiorito, e un ulteriore Allegro ma di stile fugato. Il tutto polarizzato, più che su un prevedibile certamen, sulla bravura di determinati strumenti, del violino se non addirittura del cembalo.
Quanto alla produzione per violoncello solo, all’apice della letteratura barocca si pongono senz’altro le sei Suites di Bach con ogni probabilità concepite fra il 1717 e il 1723, appunto durante il citato periodo di massima fioritura strumentale non sacra prodotta da Bach presso la corte di Köthen e in virtù di una cappella musicale forte di solisti eccellenti, fra i quali il violoncellista virtuoso Christian Bernhard Linigke. La pubblicazione della raccolta, in assenza di autografo e riconosciuta come copia quella tramandata dalla moglie Anna Magdalena, sarebbe avvenuta (Probst, Vienna, 1825) solo settantacinque anni dopo la morte dell’autore, con il significativo titolo di Six Sonates ou Etudes pour le Violoncello solo. Concepite infatti in origine per fini didattici e come sequenza sul canonico schema delle quattro danze fisse (Allemanda, Corrente, Sarabanda e Giga), più coppie di danze a scelta presenti appaiando di volta le singole Suites (Minuetto I e II nella prima e seconda, Bourrée I e II nella terza e quarta, Gavotta I e II nella quinta e sesta), le composizioni sorprendono invece ben oltre il mero dato pratico e speculativo per come s’incontrano in equilibrio mirabile espressione e ragione, rigore tecnico e ricerca creativa, simmetria e gioco. Fra tutte, la più nota è senza dubbio la n. 1, contraddistinta in apertura dal quel fluente Preludio ad arpeggi spezzati che tanto ricorda la forma “studio” del primo Preludio dal Clavicembalo ben temperato. Dalla silloge, in tale contesto, si ascolta la Suite n. 6 in Re maggiore per violoncello e continuo BWV 1012, con elaborazione del basso a cura di Michele Barchi. Anche in questa occasione ci si trova dinanzi a una questione spinosa perché, come da indicazione “Suitte 6me à cing acordes” presente sulla copia approntata da Anna Magdalena, il lavoro dovrebbe essere eseguito con strumento a cinque corde, erroneamente confuso con la viola “pomposa” (simile al violoncello, ma da braccio) e in realtà corrispondente al violoncello piccolo (mezzo), appunto a cinque corde con l’aggiunta di un mi acuto, il cui impiego sposterebbe però il lavoro ai primi anni di Lipsia. Ad ogni buon conto, la sequenza dei tempi rispetta la norma ma con tante sorprese e novità annidate fra i pentagrammi interni: il Preludio in tempo ternario (12/8) si presenta infatti non solo di singolare potenza e ampiezza, ma fitto di soluzioni ardite in termini tecnici, ritmici e timbrici, fra inusitate estensioni, scale, arpeggi, alternanze dinamiche ad eco, accordi a bruciapelo. L’austera Allemanda tedesca si trasforma in un dolce melos ricco di fioriture, la Corrente francese coniuga invece stile gioioso e contrappuntismo, la Sarabanda di origini arabo-ispaniche accentua la dimensione polifonica combinando doppie corde e singolari invenzioni armoniche fra le consuete, calme ornamentazioni. Quindi, a seguire, le due Gavotte su atipica, medesima base tonale (sol maggiore), pronte a stemperare dissonanze e altre asperità con accenti popolareschi per poi concludere non solo la Suite, ma l’intera raccolta, con un’italiana Giga di grande luce e complessità.
E sempre al periodo di Köthen conduce il Concerto nach Italienischen Gusto BWV 971 che, presentato con l’Ouverture in stile francese come seconda parte della Klavier-Übung, mira a riprodurre fra i due manuali del cembalo lo stesso gioco fra solista e insieme strumentale concertante proprio dello stile italiano da lui più conosciuto, ossia di Vivaldi, Albinoni e Marcello. Stile italiano e geometrico s’incontrano e si fondono in un’assimilazione dei maestri italiani del tutto personale: dell’Allegro si segnala la natura regolare e simmetrica del ritornello in ciclica ripresa secondo diverse tonalità, nell’Andante bipartito traspare chiaramente il modello vivaldiano dai lunghi e sinuosi assoli violinistici e, in chiusa ad effetto, un vertiginoso spirito vitale innerva il Presto conclusivo giocato sulla serrata dialettica fra il Tutti e il Solo.
Il tracciato ha termine con il Concerto in La minore per violino, violoncello e continuo, sorta di preziosa miniatura d’artificio elaborata concertando tasselli e spunti in trascrizione dalle Suites inglesi n. 2 e n. 3 per clavicembalo, rispettivamente in la minore BWV 807 e sol minore BWV 808, sul cui tessuto fecondo e congeniale va a innestarsi lo scatto limpido del piccolo Preludio in Re maggiore, sempre per Klavier, BWV 936.
Reggio Emilia
Padova