Entre La Rosa et le Jasmin
Il concerto intende esplorare il vasto repertorio di canzoni in lingua ladina attribuibili alle comunità sefardite presenti nei grandi centri…
Francesco Cera, clavicembalo e organo
BIGLIETTI DISPONIBILI IN PREVENDITA CLICCANDO QUI entro e non oltre le ore 12.00 di sabato 30 aprile.
BIGLIETTI DISPONIBILI IN SEDE CON PRENOTAZIONE CONSIGLIATA, INVIANDO UNA MAIL A segreteria@turchini.it CON INDICAZIONE DI NOMINATIVO, RECAPITO TELEFONICO E MAIL entro e non oltre le ore 12.00 di venerdì 29 aprile.
E’ obbligatorio il possesso del Green Pass Rafforzato e l’uso della mascherina FFP2.
Programma
Clavicembalo
Girolamo Frescobaldi (1583-1643)
Canzone seconda1
Toccata undecima2
Capriccio secondo sopra la sol fa mi re ut3
Organo
Girolamo Frescobaldi (1583-1643)
Toccata per l’elevazione4 (dalla Messa della Madonna)
Bergamasca4
Clavicembalo
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
dalla seconda parte del “Das Wohltemperierte Klavier”
Preludio e fuga in fa diesis minore BWV 846
Preludio e fuga in si bemolle maggiore BWV 890
Preludio e fuga in si bemolle minore BWV 891
Preludio e fuga in si maggiore BWV 892
I brani di Frescobaldi sono tratti dalle seguenti opere:
1 da Recercari et Canzoni francese, Roma 1615
2 dal Secondo libro di toccate, Roma 1627
3 dai Capricci, Roma 1624
4 dai Fiori musicali, Venezia 1635
Frescobaldi e Bach, due capisaldi assoluti della musica per clavicembalo e per organo, due poli che danno orientamento alla storia della musica per tastiera. Frescobaldi, nel primo Seicento, raccoglie l’eredità del Rinascimento italiano, la grande arte del contrappunto, ma allo stesso tempo è capace di comporre in un modo nuovo, basato sulla fantasia e sull’espressione dei sentimenti secondo una forma musicale discorsiva. Bach raglie a sua volta l’eredità del contrappunto, anche quello di Frescobaldi, e lo elabora attraverso forme, stilemi e armonie a lui contemporanei.
Sono due compositori in realtà molto diversi, vissuti a cento anni di distanza l’uno dall’altro, ma che hanno qualcosa di profondo in comune. Bach da giovane studiò le opere di Frescobaldi e ne dovette trarre insegnamento e ispirazione, a giudicare dalle citazioni che troviamo in diversi suoi brani. Ma il loro legame probabilmente va trovato in quel livello di pensiero che avvertiamo nelle loro rispettive composizioni; un pensiero altissimo, complesso, di natura innegabilmente spirituale. Pur nella varietà dei toni espressivi impiegati, sentiamo in entrambi una ricerca del sublime, dell’elevato. E questo avviene attraverso l’uso sistematico del contrappunto, reso espressivo da sapienti dissonanze e tensioni armoniche.
Il programma del concerto propone una scelta di composizioni di Frescobaldi, che spaziano dal vivace contrappunto della Canzone al barocco imprevedibile della Toccata, dalle continue metamorfosi formali del Capriccio all’estasi mistica della Toccata per l’elevazione (pensata per commentare il momento liturgico della consacrazione). Conclude il piccolo ritratto frescobaldiano la Bergamasca, divertente e spigliato capriccio che adotta il tema di una canzone popolare per avvicendare nobili variazioni contrappuntistiche.
Monumentale opera per tastiera, il Wohlteperierte Klavier – la tastiera ben temperata, ossia accordata in modo da permettere l’uso di 24 tonalità – rappresenta un poliedrico banco di prova che Bach realizza associando la forma libera del Preludio a quella rigorosa della Fuga, anche se queste definizioni sono ben lontane da comprendere ciò che Bach riesce ad attuare. Il secondo volume di questo gigantesca opera viene compiuto nel 1744, dunque negli ultimi anni di vita del compositore. Pathos e intelletto si avvicendano attraverso nuove modalità e al contempo antichi canoni. Mentre il Preludio in fa diesis minore manifesta quel nuovo patetismo “sensibile” che nella Germania di quegli anni divenne cifra distintiva, la sua fuga riprende una struttura a sezioni e una pluralità di temi memori dei Capricci di Frescobaldi. Una trasparente delicatezza pervade il Preludio e Fuga in si bemolle maggiore, mentre quello in minore si esprime nei toni dolenti di certe cantate sacre bachiane, e nella sua poderosa fuga con un tour de force cromatico e di “obbligo di canone”.
Il modo di far parlare la tastiera attraverso toccate e contrappunti intuita dal genio formidabile di Frescobaldi trova in Bach, a cento anni di distanza, un seguace di sublime livello.
Note di sala a cura di Paola De Simone
Da un lato, l’Italia musicale del primo Seicento per tastiera, fiorita intorno alla figura centrale di Girolamo Frescobaldi conciliando entro un mix peculiare di fantasia e slancio mistico le ardue tecniche contrappuntistiche d’Oltralpe con lo stile cromatico e i modelli compositivi napoletani alla luce di un gusto colto e raffinato, ancora profondamente legato a stili e costumi delle principali corti rinascimentali. Dall’altro, un secolo dopo e nel cuore dell’Europa per esiti ben diversi ma su non dissimile solco, il vertice assoluto del tardo Barocco tedesco Johann Sebastian Bach, compositore fra i massimi della scrittura per Klavier per l’estrema severità della poetica sonora a fronte di un sempre vivace ésprit de géometrie. Dunque, in soluzione neanche troppo distante dall’eredità frescobaldiana, spingendo nei risultati l’altissimo rigore della scrittura contrappuntistica verso uno spiccato interesse per la ricerca, monitorata in concreto declinandone in tutte le soluzioni possibili e in sillogi per tastiera (organo, clavicembalo o clavicordo) lo studio sulla forma, sulla tecnica, su modi e tonalità.
Il primo tracciato si snoda dunque proponendo in prospettiva molteplice la non comune varietà di intenti e scrittura presente nell’ampio catalogo del ferrarese Girolamo Frescobaldi, virtuoso d’organo e clavicembalo cresciuto nella culturalmente fervidissima corte estense, dunque a diretto contatto con i massimi eredi dell’Umanesimo letterario e con i maggiori musicisti del tempo, dal 1601 attivo a Roma (nell’ottobre 1608 subentra a Pasquini nel ruolo di organista della Cappella Giulia in San Pietro) dove, dopo il fondamentale viaggio nelle Fiandre e dopo gli alti ma temporanei incarichi presso i Medici a Firenze e i Gonzaga di Mantova, torna e si spegne al pari del Monteverdi nel 1643. Per comprenderne pur in minima parte la tempra di una produzione strumentale articolata in dodici sillogi, ossia in raccolte organiche di Toccate e Partite, Fantasie e Ricercari, Canzoni, Arie, Balletti e Capricci, concepite con mirate funzioni, su precisi soggetti o stili e dedicate ai più blasonati esponenti delle corti italiane e del circuito cardinalizio o artistocratico romano, qui si ascoltano diversi esempi, tre per clavicembalo e due per organo. Nell’ambito della produzione cembalistica la Canzone seconda attesta ad esempio, del Frescobaldi, non solo un ferreo ma in primo luogo arguto impiego della condotta contrappuntistica mentre, con differente esposizione formale e idiomatica, la Toccata Undecima sorprende per le abilità fantasiose di una ricerca tradotta in tensione costante. Il Capriccio Secondo sopra la sol fa mi, re ut, tratto dal Primo Libro di Capricci fatti sopra diversi soggetti, et Arie in partitura, scritto quale estensione della raccolta di Ricercari del 1615 quindi stampato a Roma nel 1624 da Antonio Luca Soldi con dedica ad Alfonso d’Este principe di Modena, indaga al meglio le potenzialità cangianti della tecnica elaborativa approdando, ben oltre il raffinato pregio dell’intreccio contrappuntistico, al più alto perfezionamento dell’arte strumentale tastieristica. Il che si intuisce anche dal cambio di titolo motivato dal compositore stesso, in frontespizio citato come organista di S. Pietro, sottolineando quanto segue: “In questi componimenti intitolati Capricci, non ho tenuto stile così facile come ne’ miei Ricercari”. Da un’ulteriore raccolta, quella dei Fiori Musicali di diverse compositioni Toccate, Kirie, Canzoni, Capricci, e Ricercari in partitura a quattro, Opera Duodedicma, dedicata al cardinale Antonio Barberini in edizione veneziana datata 1635, sono invece tratti gli ultimi due brani. La Tocata per le levatione dalla Messa della Madonna, è pagina di altissima ispirazione ieratica corrispondente alla sezione nata quale prolungamento organistico del Benedictus per accompagnare in sottofondo il momento culminante della liturgia cristiana, la consacrazione. L’armonia, attraverso il quarto e il secondo tono così come prescritto nel suo “Transilvano” dal trattatista seicentesco Girolamo Diruta, vi si fa “lamentevole e mesta”, imitando “con il sonare li duri & aspri tormenti della passione”. Tormenti che nella scrittura del Frescobaldi si acuiscono accentuando le dissonanze nel temperamento mesotonico, con ampio uso di cromatismi non distanti dal miliare impiego fattone da Carlo Gesualdo principe di Venosa, personalmente conosciuto e senz’altro frequentato negli anni ferraresi, in unione con le risorse retorico musicali come la discesa o catabasi per il sofferente abbandono accanto alla sprezzatura corrispondente a un più aggiornato rubato. La Bergamasca immediatamente a seguire e in chiusa per il profilo musicale del Frescobaldi, quanto a matrice colta e perfezione tecnica, ben rappresenta l’apice della prassi elaborativa sulla melodia o basso ostinato della canzone a ballo legata per origini alla nobile città lombarda. Particolarissima ne è la forma, organizzata com’è sullo schema di un capriccio-variazione in sette sezioni fra ritmi binario e ternario; quindi lo stile, contrappuntistico, diatonico, cromatico. D’altra parte, come annotato in origine al margine dei pentagrammi, una curiosa didascalia ci avverte: “Chi questa Bergamasca sonarà, non pocho imparerà”.
Quanto al tedesco Johann Sebastian Bach, in premessa, c’è da ricordarne con le parole di Alberto Basso l’assenza di una figura pur per noi gigantesca “negli atti del tempo al posto giusto”. Di conseguenza, paradossalmente, “la biografia è lacunosa, scarse le fonti dell’epoca, incerte per non dire evanescenti le notizie sulle condizioni economiche del musicista, opachi i dati sulla psicologia del personaggio, vani i tentativi di definire una volta per sempre la cronologia delle opere, impossibile il calcolo delle composizioni perdute, modestissimo il contributo recato dall’esile epistolario (una trentina di lettere), irrilevante il peso “commerciale” delle opere (praticamente mai uscite, vivente l’autore, dai confini geografici della Turingia e della Sassonia), pochi e non certo entusiastici gli attestati critici”, considerandolo “un musicista fuori del tempo”. Praticamente, “roba da museo”. E difatti solo ai primi del secolo successivo, in special modo con la riscoperta e prima esecuzione nel 1829 della sua Matthäus-Passion ad opera del ventenne Mendelssohn, sarebbe iniziata la cosiddetta “Bach Renaissance”. Il che spiega anche il singolare sistema di catalogazione siglato BWV (Bach-Werke-Verzeichnis, letteralmente, Catalogo delle opere di Bach) creato da Wolfgang Schmieder non per cronologia, bensì tipologia d’organico secondo quanto segue: composizioni vocali (BWV 1-524), per organo (BWV 525-771), per clavicembalo (BWV 772-994), per strumenti solisti (BWV 995-1013), musica da camera per duetti e trii (BWV 1014-1040), Suites per orchestra e concerti (BWV 1041-1071), lavori contrappuntistici (BWV 1072-1080), aggiunte recenti (BWV 1081-1128), Appendice (BWV Anh. 1-212).
All’interno di un tale specchietto di sintesi, il focus tastieristico ha poi il suo cardine, anche per le consuetudini didattiche più vicine ai nostri giorni, nei due volumi da 24 Preludi e Fughe ciscuno del Clavicembalo ben temperato (Das Wohltemperierte Klavier) completato nel 1722, dunque al pari delle altre dalle opere per clavicembalo entro il periodo (1717-1723) trascorso da Bach quale Maestro di Cappella del principe Leopold di Anhalt-Köthen, la cui fede calvinista avrebbe dispensato il musicista dal comporre musica religiosa di rito.
Il titolo dei due Libri, è noto, è dovuto all’obiettivo di illustrare i vantaggi del temperamento equabile che andava a dividere l’ottava in dodici semitoni uguali, accantonando il sistema pitagorico per quinte naturali.
Al di là della scansione tonale, in entrambi, singolare è il marchio di fabbrica impresso a ciascun Preludio, di volta in volta forgiato in forma di antica Toccata, di una danza da Suite o di più moderna introduzione galante. Quindi non meno caratteristico ne risulta il legame con la Fuga a seguire, da due a cinque voci, anch’essa originalmente trattata valorizzandone le metamorfosi del soggetto secondo procedimenti altamente variabili e dunque non accademici.
Nello specifico, se ne ascoltano quattro esempi tratti, tutti, dal primo Libro. Il Preludio e fuga in do maggiore BWV 846 è senz’altro il più celebre anche per la rielaborazione fattane da Charles Gounod nel 1859 sovrapponendovi, con esiti noti veramente a tutti, la linea melodica dell’Ave Maria. Posto in apertura della doppia raccolta, il Preludio risulta dolcemente modellato su un disegno in arpeggio con ripetizione delle tre note di coda. Vi fa seguito, a contrasto, la solennità di una Fuga reale a quattro voci. La tonalità di mi bemolle minore conferisce invece all’ottavo Preludio e fuga, BWV 853, una tragicità lenta, ampia e sublime, laddove la complementare Fuga tonale a tre voci (nell’autografo in re diesis minore) prende forma complessa attraversando una trama fitta di artifici contrappuntistici.
Il Preludio e fuga in sol maggiore BWV 860 si divide quindi fra un breve brano dal carattere di danza spigliata, a mo’ di giga o saltarello, e una Fuga reale a tre voci serratamente geometrica.
Al termine, il Preludio e fuga in si bemolle maggiore BWV 866: brillante e virtuoso il primo, un Allegro vivace di stile quasi improvvisativo nella veloce complementarietà fra le due mani (croma in battere staccata alla sinistra e tre biscrome sciolte alla destra), con brevi scorci in recitativo arpeggiato in trentaduesimi e chiusa lievissima; scherzoso e più lineare è il secondo, quasi una fughetta tonale, a tre voci, ben scandita dalla tipicità del soggetto e sapientemente serrata fra i due divertimenti in progressione.
Francesco Cera
Francesco Cera, clavicembalista e organista, è apprezzato interprete della musica antica, in modo particolare del repertorio tastieristico italiano tra ‘500 e ‘700 e come direttore di musica vocale. Allievo di Luigi Ferdinando Tagliavini e di Gustav Leonhardt, nel 1991 è entrato nell’ensemble Giardino Armonico, col quale ha inciso per Teldec e tenuto concerti in tutta Europa. Nel 1996 fonda l’Ensemble Arte Musica, specializzato nella musica vocale italiana, col quale ha interpretato opere profane e sacre di Monteverdi (incluso il Vespro), Gesualdo, Luzzaschi, D’India, Stradella, fino a cantate del settecento napoletano.
Dal 1990 tiene concerti come solista e direttore dell’Ensemble Arte Musica in prestigiose rassegne quali Musica e poesia a San Maurizio a Milano, l’Accademia Filarmonica a Roma, il Festival Monteverdi a Cremona, la Sagra Musicale Malatestiana a Rimini, Festival delle Fiandre, Festival Oude Muziek a Utrecht, Resonanzen a Vienna, Baroktage Melk, Philarmonie Köln, Tage Alter Musik a Herne, Ladegard a Oslo, i Festival di musica barocca di Maguelone e di Saint-Michel en Thiérache, Les Sommets Musicaux a Gstaad, e su organi storici in Europa e Scandinavia. Inoltre ha collaborato con Diego Fasolis e I Barocchisti, con le cantanti Guillemette Laurens e Letizia Calandra, i violinisti Enrico Onofri e Marco Serino, il liutista Francesco Romano.
Vasta la sua discografia solistica all’organo e al clavicembalo per le etichette Arcana, Arts, Brilliant Classics, Tactus, e per la rivista Amadeus, che spazia da autori del cinque-seicento italiano alle Sonate di Domenico Scarlatti, dalle Suite Francesi e i Concerti per clavicembalo di J. S. Bach a opere di D’Anglebert e Correa de Arauxo. Recente la pubblicazione (etichetta Arcana) di un suo ampio lavoro discografico su Girolamo Frescobaldi.
Ha tenuto corsi e seminari presso la Royal Academy of Music di Londra, Smarano Organ Academy, Piccola Accademia Montisi, Oberlin Conservatory, Yale University, Eastman School of Music a Rochester, Academia de Organo J. Echevarria, Frescobaldi Akademiet a Grimstad. È stato attivo come consulente per il restauro di organi storici per le Soprintendenze di Roma, Salerno-Avellino e regione Basilicata. Attualmente è docente di clavicembalo presso il Conservatorio di Vicenza.
Reggio Emilia
Padova