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Il violino fantastico

Museo Correale
19.30 - 20.30
Gratuito

Margherita Pupulin violino
Juan José Francione liuto e arciliuto

Ingresso libero su prenotazione
segreteria@turchini.it


nell’ambito del progetto
Soave sia il vento
Così… se fan tutti
progetto  a cura della Fondazione Pietà de’ Turchini
e  della Venerabile Congregazione dei Servi di Maria
con il contributo del Comune di Sorrento

in collaborazione con
I.S. “Francesco Grandi”, Sorrento

coordinamento organizzativo
Associazione Talenti Vulcanici

Programma

F. Rognoni
Selva de’ Varii Passaggi (Milano, 1620)
Pulchra es, amica mea (mottetto passeggiato)

Giovanni Battista Fontana
Sonate a 1, 2 e 3 (Venezia, 1641)
Sonata Seconda

G.G. Kapsberger
Libro Primo D’intavolatura Di Lauto (Roma, 1611)
Toccata Prima

Biagio Marini
Sonate, symphonie, canzoni, passe’mezzi, […] Op.8 (Venezia, 1626)
Sonata Variata

H.I.G von Biber
Rosenkranz-Sonaten (Salzburg, 1676)
Passacaglia

G.G. Kapsberger
Libro Primo D’intavolatura Di Lauto (Roma, 1611)
Toccata Sesta

Antonio Bertali (Partiturbuch Ludwig, 1662)
Ciaccona

H.I.G von Biber
Sonate a Violino Solo (Salzburg, 1681)
Sonata Terza


Il violino fantastico

Note di sala
La vicenda del violino nel Seicento è una masquerade, un gioco di travestimenti e invenzioni sempre più complesso e ardito, volto a creare la più ricercata illusione dell’epoca: quella della rappresentazione degli affetti umani per mezzi diversi dalla voce umana e dalla parola. L’idea della raffigurazione perfetta, addirittura più vera del vero, aveva iniziato a diffondersi tanto nell’ambiente pittorico quanto in quello musicale sin dagli inizi del secolo. “[…] quanto più i mezzi, co’ quali si imita, son lontani dalle cose da imitarsi, tanto più l’imitazione è maravigliosa.” scriveva Galileo Galilei nel 1612 all’amico scenografo e pittore Lodovico Cardi da Cigoli, in una querelle che vedeva opposti i sostenitori della pittura e quelli della scultura, e in cui chiaramente Galilei si posizionava a favore della prima, proprio per la maggiore distanza dall’oggetto rappresentato. E aggiungeva: “Non ammireremo noi un musico, il quale cantando, e rappresentandoci le querele e le passioni d’ un amante ci muovesse a compassionarlo, molto più che se piangendo ciò facesse? […] E molto più l’ammireremo, se tacendo, col solo strumento, con crudezze e accenti patetici musicali ciò facesse, per essere le inanimate corde meno atte a risvegliare gli affetti occulti dell’anima nostra, che la voce, raccontandole.”

La Storia degli sviluppi tecnici ed espressivi del violino (tanto dal punto di vista artigianale, della liuteria, quanto da quello delle prassi esecutive e del repertorio compositivo) si iscrive precisamente in questo filone estetico così squisitamente Seicentesco, alla ricerca sempre più elaborata di mezzi per “meravigliare” il pubblico e per suscitarne ed imitarne le passioni. Se, infatti, all’inizio del Seicento il violino essenzialmente raddoppiava la voce in brani polifonici, entro la fine del XVII secolo esso assurgerà a re indiscusso degli strumenti per espressività, tanto che, già nel 1640, Giovanni Battista Doni scriveva del violino che esso era “il compendio di tutta la musica”, per la sua versatilità straordinaria, perché nessun altro strumento “meglio esprime la voce umana”. Partendo da mirabilissime diminuzioni su mottetti vocali (Francesco Rognoni Taeggio) e passando attraverso l’accurata rielaborazione delle canzoni per farne sonate (Giovanni Battista Fontana), il linguaggio vocale viene progressivamente abbandonato fino ad approdare alle “curiose et moderne inventioni” per violino a cui Biagio Marini allude nel frontespizio della sua importantissima opera ottava (1626). Si tratta di trovate tecniche innovative, volte a rivoluzionare le potenzialità espressive del violino: il “tremolo con l’arco” per imitare il suono dell’organo, l’utilizzo delle corde doppie (che crea l’impressione di sentire due violini), gli effetti di eco, la scordatura… Tutti questi strumenti espressivi saranno ripresi e sviluppati da altri violinisti italiani e d’oltralpe per tutto l’arco del secolo, passando attraverso la fortunata imitazione degli animali operata, fra altri, da Johann Heinrich Schmeltzer nella Sonata Representativa (1669, di attribuzione incerta), per approdare infine agli stravagantissimi ed affascinanti prodotti dell’ingegno di Heinrich Ignaz Franz Biber. Grandissimo virtuoso del violino, egli imprimerà un’ulteriore accelerazione allo sviluppo tecnico ed espressivo dello strumento, arrivando, con le sonate cosiddette del Rosario (1678 ca.), a costituire quasi un’enciclopedia dell’espressione violinistica, peraltro di fortissimo impatto emotivo. Siamo ormai nel cuore del più alto stylus phantasticus, lo stile strumentale per antonomasia del primo barocco, che “Non è soggetto a niente, né alle parole, né ai soggetti armonici”, secondo le parole di Athanasius Kirchner, “il più libero metodo di composizione”: libero dall’imitazione, forte ormai di un fittissimo vocabolario prettamente strumentale. Gli “occulti affetti” umani, si sono fusi con le “regole segrete dell’armonia”; l’imitazione è compiuta; la realtà delle emozioni umane è superata e sublimata nella sua rappresentazione.


Margherita Pupulin
Iniziata ancora bambina al violino barocco da Riccardo Minasi, attraverso masterclass e seminari con maestri quali Bruno Giuranna, Enzo Porta e Rachel Podger approfondisce un repertorio che spazia dalla polifonia rinascimentale a Luigi Nono, per mettere casa poi stabilmente nel mondo della musica antica. Si specializza con Fabio Biondi presso il Conservatorio di Torino, dove si laurea con menzione. È regolarmente invitata come concertmaster, solista o musicista da camera presso ensembles quali Café Zimmermann (dir. Pablo Valetti e Céline Frisch), La Chimera (dir. Eduardo Egüez), Pulcinella (dir. Ophelie Gaillard), con i quali si è esibita in importanti stagioni e sale d’Europa (Salle Gaveau, Barbican Centre London, Innsbrucker Festwochen der Alten Musik, Festival Oude Muziek Utrecht, Radio France..). Con il suo recital Il Violino Fantastico è stata ospite di rilevanti istituzioni, quali la Fondazione Pietà dei Turchini di Napoli, il Teatro Pergolesi di Jesi e il Marchesato Opera Festival di Saluzzo.

Juan José Francione
Dopo aver conseguito il diploma, nel 2013, in Chitarra e Musica da Camera, presso il Conservatorio Superior de Música de la Ciudad de Buenos Aires “Astor Piazzolla”, decide di continuare la sua specializzazione in Liuto e Basso continuo in Italia e successivamente presso la Zürcher Hochschule der Künste (Zurigo, Svizzera) sotto la guida di Eduardo Egüez. Svolge un’intensa attività concertistica come solista e con l’Ensemble La Chimera, con il quale collabora permanentemente e con il quale incide due album (“Misa de indios” nel 2013, “Gracias a la vida” nel 2017), esibendosi in numerose sale e festival di musica antica e moderna in Europa. Collabora con gruppi come l’Accademia La Chimera, Le Tendre Amour, Elyma, The Rare Fruits Council, Talenti Vulcanici ed altri. È fondatore, insieme a Carlotta Pupulin, dell’ensemble Cordis Consort, nato nel 2019 come formazione variabile prevalentemente incentrata sul mondo degli strumenti a pizzico.

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