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Tonadillas y Canciones

“A corde spiegate” Festival Internazionale di chitarra – III edizione – Direzione artistica Mariafederica Castaldo e Simone Vallerotonda

Chiesa di San Rocco a Chiaia
19.30 - 20.30
7 €

BIGLIETTI DISPONIBILI IN PREVENDITA CLICCANDO QUI entro e non oltre le ore 12.00 del 25 settembre.

BIGLIETTI DISPONIBILI IN SEDE CON PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA, INVIANDO UNA MAIL A coordinamento@turchini.it CON INDICAZIONE DI NOMINATIVO, RECAPITO TELEFONICO E MAIL entro e non oltre le ore 12.00 del 25 settembre.


Teresa Iervolino, mezzosoprano

Eugenio Della Chiara, chitarra


Il concerto si inserisce quest’anno nella programmazione de “La Campania è Teatro, Danza e Musica”, progetto promosso da ARTEC/ Sistema MED in collaborazione con SCABEC – Società Campana Beni Culturali e Fondazione Campania dei Festival. 

Programma

Enrique Granados 

Lleida, 1867 – Canale della Manica, 1916

Tonadillas en estilo antiguo – Amor y odio – El majo discreto – El mirar de la maja – El majo timido  – El tra la la y el punteado –La maja dolorosa no. I – La maja dolorosa no. 2 – La maja dolorosa no. 3 – La maja de Goya 

[arr. E. Della Chiara] 

Miquel Llobet 

Barcellona, 1878 – Barcellona, 1938

Cinc cançons populars catalanes 

Francisco Tárrega 

Villareal, 1852 – Barcellona, 1909 

Capricho árabe 

Manuel de Falla 

Cadice, 1876 – Alta Gracia, 1946 

Siete canciones populares españolas – El paño moruno – Seguidilla murciana – Asturiana – Jota – Nana – Canción – Polo 

[arr. M. Llobet] 


Tonadillas y Canciones

Le Doce tonadillas en estilo antiguo riflettono l’anima galante e leggiadra – ma anche estremamente sensuale – della tradizione musicale spagnola: in questi piccoli ritratti musicali Granados tratteggia, attraverso gli affetti delle majas e dei majos, alcune scene della Madrid di fine Settecento, la città in cui Goya era pittore di corte. Nelle Siete canciones populares españolas De Falla si distanzia nettamente dalle atmosfere urbane delle tonadillas: gli arpeggi carezzevoli lasciano posto a graffianti rasgueados, la limpidezza della linea vocale cede il passo alla carnalità del cante jondo. L’intermezzo fra questi due mondi è affidato alle note di Miquel Llobet – il primo a trascrivere per chitarra le canciones di de Falla – e di Francisco Tárrega, amico di Granados e tra i primi a suonare le sue danze alla chitarra.


Note di Sala a cura di Paola De Simone

Delicato e geniale nella raffigurazione miniaturistica in pentagramma degli umori e dei colori di Spagna, non a caso compositore catalano in vetta per talento, con Albéniz e de Falla, entro la triade di punta del nazionalismo musicale iberico, appassionato anche di pittura, così come attesta la bruciante attrazione per le acqueforti di Francisco Goya che ne ebbero ad ispirare le più celebri pagine pianistiche e finanche teatrali. Un mondo raro per sensibilità e immagini, quello di Enrique Granados, pianista della scuola di Pujol, concertista brillante (da solo o al fianco di Saint-Saëns, Casals, Thibaud) e attivissimo nella didattica come nella promozione della vita musicale a Barcellona (a lui si deve la fondazione della Sociedad de Conciertos Clásicos e la direzione dell’Acádemia de Música che intitolò a proprio nome) fin quando, al rientro dall’attesa première newyorkese della sua opera Goyescas nel marzo del 1916, dopo aver fatto scalo a Liverpool nel pieno del primo conflitto mondiale, il vapore Sussex sul quale viaggiava con la moglie Amparo viene per sbaglio silurato da un sommergibile tedesco. Cade in acqua, viene ripescato ma la sua vita si spegne prematuramente fra le acque della Manica nel vano tentativo di salvare fra le onde la consorte. Ebbene, quella vita carica di sentimento e di talento, quel gusto sagace per il bozzetto di carattere e la capacità speciale di coglierne tinta e sostanza in virtù di una peculiare solidità tecnico-espressiva, la si riscontra in primis fra i titoli e le note della sua produzione pianistica, spesso trascritta anche per chitarra, ma anche nelle liriche per voce e un pianoforte non di rado sostituito dalla strumento a sei corde, qui nell’arrangiamento di Eugenio Della Chiara. Fra queste ultime, si segnalano la Collección de canciones amatorial e la Collección de tonadillas, escritas en estilo antiguo elaborate fra il 1911 e il 1913 sui testi di Fernando Periquet y Zuaznábar (a seguire autore del libretto di Goyescas), in Europa intonate dalle belle voci ispaniche di Maria Barrientos (dedicataria di tre tonadillas), Vittoria de Los Angeles e Conchita Supervia. La seconda raccolta in particolare, nel solco della formula della canzone teatrale (tonadilla) da intonare in costume di scena fra un atto e l’altro della pièce principale per esibire a mo’ di intermezzo la varietà degli umori, attraversa un vero e proprio carosello di dodici affetti fra majas e majos. Ossia, un ventaglio di atteggiamenti ritratti dalla vita semplice degli artigiani del vivace quartiere madrileno di Lavapiés, o dell’area intorno all’eremo di San Antonio de la Florida (cappella che conserva fra soffitto e cupola gli affreschi sacri e gli angeli dipinti negli anni ’90 del Settecento da Francisco Goya, a tutt’oggi lì sepolto), scontornandone a scorcio e a contrasto luoghi e tipi umani con la medesima efficacia di mano del tanto da lui ammirato artista di corte del re Carlo IV.

L’altro caposaldo della musica di Spagna, come accennato, è Manuel de Falla la cui scrittura, invece, attinge forza di tinta e fascino incantatorio studiando attentamente le radici del cante jondo, il primitivo e profondo canto dell’Andalusia che alimenta ad esempio il fuoco magico del suo tanto noto Amor brujo.

È questo il sangue che scorre nella sua produzione a partire dalle Siete canciones populares españolas, raccolta scritta nel 1914, dunque al tempo delle Tonadillas en estilo antiguo di Granados, assimilando e ripostulando in chiave personale e moderna i termini di quella fondamentale tradizione popolare tramandata nel rispetto delle specifiche identità ritmico-sonore appartenenti alle diverse regioni iberiche. Ecco perché lungo il florilegio delle Sette Canzoni dedicate all’amica Ida Godebski si ascoltano elementi prettamente andalusi (come nel Panno moresco, nella tenera Ninna-nanna, nella Canzone o nel Polo) accanto e in alternanza alle danze della Murcia (Seguidilla murciana), delle Asturie (Asturiana) e della regione aragonese (Jota): come ad illustrare le molteplici sfaccettature – un po’ come nella gamma di affetti in catalogo con Granados – di un’unica, grande anima spagnola.

Al centro e a speculare raccordo dei brani posti a cornice, si ascoltano due proposte per chitarra sola, cinque Cançons populars catalanes di Miguel Llobet e il Capricho árabe di Francisco Tárrega.

Llobet, compositore e chitarrista virtuoso di Barcellona in prima linea nella diffusione dello strumento a sei corde in Francia, dedicatario e primo interprete nel 1920 dell’Homenaje a Debussy di Manuel de Falla, tra i pionieri della timbrica impressionista del modello debussyano sulle corde della chitarra evolvendone la tecnica appresa dal suo maestro Tárrega, fu infatti il primo a trascrivere per chitarra le Canciones di de Falla nell’arrangiamento qui in ascolto. Le sue Cançons populars catalanes, composte negli anni compresi fra il 1899 e il 1920, sono rielaborazioni strumentali di materiali di tradizione canora della Spagna meridionale, originali e inediti, di antica saggezza popolare e più semplici che pittoreschi, impiegati in special modo dalle formazioni corali del suo tempo. La dimensione portante risulta quella della ricerca tecnico-timbrica mentre, sul piano dei temi, si toccano gli spunti più vari, dalla storia di libertà di un pastore pireneo a quella di un bandito dagli esordi fino al patibolo, dalla triste sorte di una figlia di re, Amèlia, a una ninna-nanna natalizia, a danze malinconiche, sacrifici di nobili amanti, all’amore di un maestro per l’allieva, fino a spunti pastorali.

Tárrega, insegnante di Llobet (che a sua volta fu maestro di Segovia), fu d’altro canto amico di Granados e tra i primi a suonarne le danze alla chitarra. Il suo Capricho árabe, scritto nel 1892 per l’amico e direttore d’orchestra Tomas Breton, sebbene indicato nelle antiche edizioni come “Serenata”, presenta una forma tripartita in tempo ordinario (laddove la Serenata spagnola è di regola in tre quarti), introdotta forse non a caso da una breve Introduzione in ¾ quindi polarizzata intorno a una figurazione ritmica con semitono discendente al basso tipica del paso doble morisco di Alicante, città del Sud che conserva ampie tracce delle dominazione arabo-musulmana. Delicatamente sensuale, il Capricho gode di una lunga tradizione di interpreti e registrazioni (dalla pupilla di Tárrega, Josefina Robledo, a Segovia, Yepes) restando, ad oggi, uno dei brani iconici e più amati del repertorio chitarristico.


Teresa Iervolino

Grande stella nascente della lirica nel panorama mondiale, nasce a Bracciano (Roma) il 14 Maggio 1989 e già da bambina dimostra interesse per la musica cosi che all’età di 8 anni inizia a studiare pianoforte. 

Successivamente attratta dall’opera decide di dedicarsi al canto lirico, continuando parallelamente lo studio del pianoforte e affiancando quello della composizione. 

Nel 2011 consegue il diploma di canto con il massimo dei voti e lode. 

Nel 2012 vince il 63° concorso per giovani cantanti lirici d’Europa 2012 ASLICO, al quale susseguono altre tante vittorie a concorsi di alto rilievo internazionale come il Concorso Maria Caniglia,il Concorso Premio Etta Limiti, etc.

Nel 2012 inizia cosi la sua scalata ai maggiori teatri e festival lirici italiani e internazionali, facendo il suo debutto al Teatro Filarmonico di Verona nel Pulcinella di Stravinskyj. Nello stesso anno debutta il ruolo di Isabella nell’Italiana in Algeri al Ravenna Festival, ruolo successivamente interpretato anche al Massimo di Palermo e all’Opera Lorraine di Nancy.  Nel 2013 debutta Tancredi, uno dei suoi cavalli di battaglia ,nel Circuito Lombardo  e nello stesso anno , oltre ad altri impegni, fa anche il suo debutto nel famoso Festival di Spoleto come  Fidalma nel Matrimonio Segreto di Cimarosa. Nel 2014 arriva il suo doppio debutto all’Opera di Roma, come Calbo in Maometto II di Rossini, susseguendo il suo trionfo allo Chatelet di Parigi come protagonista nella Pietra del Paragone di Rossini e il suo debutto al San Carlo di Napoli nel Pulcinella di Stravinskyj. Nel 2014 importantissimo è il suo debutto come Rosina nel Barbiere di Siviglia, al Festival di Caracalla dell’Opera di Roma, ruolo che interpreterà ancora tante volte, nello stesso Teatro dell’Opera di Roma e con il quale farà il suo debutto allo Sächsische Staatsoper di Dresden nel 2016. Nel 2015 debutta nella Gazza ladra nel rinomato Rossini Opera Festival nel ruolo di Lucia, ruolo con il quale fa il suo ingresso alla Scala di Milano nel 2017. Susseguono a questi i suoi debutti al Duch National Opera di Amsterdam, la Fenice di Venezia, all’Opera Frankfurt, interpretando sempre ruoli di protagonista. 

Nel 2016 debutta il ruolo titolo nella  Cenerentola di Rossini al Teatro Regio di Torino , riscuotendo un grandissimo successo che la porterà cosi ad interpretare questo ruolo in vari teatri italiani e internazionali, e a fare il suo ingresso da protagonista all’Opera de Paris nel 2017.

Nel 2017 da ricordare il suo debutto come Maffio Orsini nella Lucrezia Borgia di Donizetti , ruolo già interpretato piu’ volte come alla ABAO di Bilbao, al Salzburger Festspiele, ruolo con il quale nella primavera del 2018 fa il suo debutto anche al Bayerische Staatsoper di Munich.

Tutto questo sempre diretta da grandi direttori come Roberto Abbado, Alberto Zedda, Jean-Christophe Spinosi, Ivor Bolton, Donato Renzetti, Rinaldo Alessandrini, Marc Minkowsky ,Ottavio Dantone, Riccardo Chally, Daniel Harding, Marco Armiliato, Daniel Oren, Christophe Rousset.

Da ricordare anche la sua incisione come Rosmira nella Partenope di Handel per la Warner Classic Erato con l’Orchestra del Pomo D’Oro, a fianco di grandi cantanti del repertorio Barocco come Philippe Jaroussky e Karina Gauvin, e le sue due ultime incisioni di Betulia Liberata di Mozart nel ruolo principale di Giuditta e dell’Armida di Salieri nel ruolo di Ismene , entrambe per la casa discografica Aparté con l’ensemble Les Talens Lyrique diretto dal maestro Christophe Rousset.

Il mezzosoprano irpino continua tutt’oggi la sua ascesa verso una carriera di alto prestigio, infatti, tra i suoi trionfi recenti troviamo il suo Rinaldo al Festival della Valle D’Itria, il suo trionfo già avuto con Lucrezia Borgia , con la Cenerentola al Bayerische Staatsoper, il suo acclamato Arsace al Teatro La Fenice nella Semiramide di Rossini, il suo ritorno sempre come protagonista nella Juditha Triumphans di Vivaldi al Duch National Opera di Amsterdam, il suo debutto come Diana nella Calisto di Cavalli al Teatro Real di Madrid e il suo successo nel ruolo di Pierotto nella linda di Chamounix al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e il suo trionfale debutto all’Arena di Verona nel Nabucco diretto da Daniel Oren.

 

Tra i prossimi impegni ci sarà il suo ritorno al Teatro Real de Madrid con la Partenope di Handel e il suo ritorno al Duch National Opera di Amsterdam nel Giulio Cesare di Handel, il suo debutto al Liceu di Barcelona nel ruolo di Adalgisa nella Norma di Bellini e io suo debutto nella Messa di Gloria diretta dal M. Antonio Pappano.


Eugenio della Chiara

Nato a Pesaro, Eugenio Della Chiara si diploma all’età di diciannove anni con il massimo dei voti e la lode nel conservatorio della sua città sotto la guida di Giuseppe Ficara. Tra i suoi maestri vi sono Andrea Dieci e Oscar Ghiglia, con cui si perfeziona all’Accademia Chigiana di Siena.

Tra i premi ricevuti si segnalano – primo musicista a conseguire questo riconoscimento più di una volta – le due borse di studio della Fondazione Rossini ottenute nel 2008 e nel 2010. Parallelamente agli studi musicali completa la sua formazione umanistica presso l’Università Cattolica di Milano, laureandosi prima in Lettere Classiche e in seguito in Filologia Moderna.

La sua attività concertistica lo ha portato a suonare in Giappone, Austria, Germania, Ungheria, Turchia, Spagna, Norvegia e Irlanda; in Italia ha tenuto recital solistici per alcune tra le maggiori istituzioni musicali del Paese, tra cui il Rossini Opera Festival, le Società del Quartetto di Milano e di Bergamo, il Festival della Valle d’Itria, l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano e la Società dei Concerti di Parma.

Ha inciso tre album per DECCA: “Schubert – A portrait on guitar”, interamente registrato con strumenti costruiti a Vienna tra 1815 e 1840, “Guitarra Clásica”, antologia di rare trascrizioni chitarristiche da Haydn, Mozart e Beethoven, e “Paganini Live”, registrato dal vivo con Piercarlo Sacco. In precedenza – tra il 2012 e il 2016 – ha inciso per Discantica e per Phoenix Classics.

Appassionato camerista, suona in duo con il violinista Piercarlo Sacco, con il chitarrista Andrea Dieci e con il pianista Alberto Chines. Il suo interesse per la vocalità e per il teatro musicale lo porta a frequenti collaborazioni con cantanti lirici: su tutti il contralto Teresa Iervolino, i tenori Juan Francisco Gatell e Mert Süngü. Insieme ad Alessio Boni ha portato in scena “Tutto il resto è silenzio”, lettura dell’Amleto di Shakespeare accompagnata da musiche inglesi del Seicento.

Collabora assiduamente con compositori appartenenti a diverse generazioni – come Carlo Galante, Orazio Sciortino, Roberto Tagliamacco e Paolo Ugoletti – che gli hanno dedicato oltre una ventina di lavori solistici e da camera. Ha al suo attivo varie registrazioni in prima assoluta, tra le quali spicca quella della Sonata per chitarra composta da Luciano Chailly nel 1976.

Dal 2015 è direttore artistico di “MU.N – Music Notes in Pesaro”, stagione di musica da camera organizzata dall’Associazione Marchigiana Attività Teatrali. È docente presso i conservatori di Genova, Modena e Latina. Suona una chitarra costruita da Domingo Esteso nel 1935 e una Masaki Sakurai del 2009.

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